giovedì 16 maggio 2013

Piacere, XXX €/mese.

Salve a tutti. Mi chiamo Silvia, ma per la scuola sono Tot €/mese. 
Frequento il secondo anno del liceo classico, e oggi ho fatto i Test Invalsi, alla fine dei quali mi hanno consegnato un simpatico questionario sui fatti miei: quanti libri ho a casa, se trovo che la matematica sia utile nella vita, e soprattutto due simpatiche domandine:
1. Che livello di studio hanno i tuoi genitori?
2. Che lavoro fanno?
Alla 1° domanda già m'era sembrata una presa in giro. Perché interessa al Ministero dell'Istruzione sapere che livello hanno i miei genitori? Per potersi vantare? "Al liceo classico ci sono tanti figli di laureati, il resto è feccia?" Siccome già col questionario interno della scuola m'ero posta questa domanda, la professoressa m'aveva risposto che era "per dimostrare che gli alunni miglioravano l'apprendimento rispetto ai genitori". Pessima mossa prof, m'ha fatto incazzare ancor di più. Perché allora io, alunna, dovrei essere discriminata perché non ho i genitori laureati, perché mi faccio un sedere così a studiare mentre gli altri hanno papino che compra loro il 10?
Ma solo quando ho letto la seconda domanda il sangue m'è arrivato al cervello e ha iniziato a rimescolarsi pericolosamente. Che lavoro fanno i tuoi genitori? Seguiva una bellissima tabellina con implicite fasce di reddito: la prima, dirigenti & co. (la fascia 'alta'); la seconda, liberi professionisti, medici etc. (la fascia 'medio-alta'); la terza, impiegati e insegnanti (la fascia 'media'); la quarta, operai (la fascia 'bassa'); l'ultima, pensionati (la fascia 'bassa' e pure 'sfigata', perché non solo guadagni poco ma hai anche due vecchi come genitori). 
Non mi fraintendete, non mi vergogno affatto del lavoro dei miei genitori o del loro titolo di studio. Non sarebbe così né se fossero dirigenti né se fossero operai. Ma NON TOLLERO di essere schedata in base al mio reddito familiare. E' disgustoso. Ci lamentiamo tanto dei lager, dove le persone erano numeri... Almeno ognuno aveva il suo numero. Adesso siamo direttamente gruppi. I ricchi di qua, i medi di là, oh, un povero, rimani nella merda, chisseneimporta, morirai? Una bocca in meno da sfamare.
E poi la domanda di fine questionario, quella m'ha fatto ridere. "Che livello di studi speri di raggiungere?". Oh, mi etichetti anche in base alle mie ambizioni? Non solo in base ai miei genitori? Inizi a raggrupparmi fin da minorenne? Sono solo un dato Istat per te, stato (volutamente minuscolo) dei miei stivali?
Sono stufa di questa filosofia. Non sono contro i ricchi, anzi forse li invidio, sogno di far parte della loro classe, dell'"èlite", ma non per questo disprezzo quelli dei 'ceti' più bassi, anzi li valorizzo, perché anche loro sono persone. Persone, non gente. Come dice Erri De Luca, dire gente indica una moltitudine, un gruppo disomogeneo, ma dire persone prende uno ad uno ogni individuo. Noi siamo Persone. Non facciamoci trasformare in soldi che camminano.
Così dicendo, m'appello al ministro Carrozza, da poco eletta: signora ministra Carrozza, faccia il modo che il suo nome sia ricordato come Nomen Omen, e trasporti gli studenti italiani sulla sua Carrozza dorata verso un futuro di VERA uguaglianza di diritti. Ci insegnate a non fare razzismo, ma voi siete i primi che predicano bene e razzolano male.
Con indignazione, 
la studentessa Italiana (purtroppo e per fortuna) Silvia Vazzana

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