venerdì 25 ottobre 2013

Mater


Ciao Mamma!
Surprise! Sfrutto il mio piccolo spazio nella grande rete per dedicarti un bel testicciolo. Non t'illudere, uno all'anno! ;D 


Quando sedici anni fa venni al mondo, vidi per 
Il mio solito sarcasmo - per il tuo compleanno
metto la foto del mio ;)
prima te... Ecco perché sono conciata così!
E' da qualche minuto che cerco qualcosa di filosofico da scriverti, ma diamine, tu vai OLTRE la filosofia! Non riesco ad accostarti a gente più fatta di Morgan (esempio? Eraclito veniva chiamato l'Oscuro...); già ti sento dire "Che palle"!!!
Ma con ciò non sto dicendo che sei ignorante - non potrei mai donna.
Mi fai stressare. Non riesco mai a capire cosa vuoi da me. Sei cocciuta più di un mulo. Sei una persona contorta, che mi stupisce giorno dopo giorno.
Ci tengo a farti notare che non ho mai scritto che sono doti negative.
Ti adoro da morire, non saprei cosa fare senza di te. Mi occupi le giornate, esco da scuola e ti chiamo per aggiornarti sulle ultime news, non si riesce a finire gli argomenti di cui parlare, ridere, su cui incazzarsi, un medley di pazzia e tenerezza. Solo con te riesco a fare le foto sbarbe senza avere l'orticaria cinque secondi dopo.
Talvolta ti odio, perché vorrei che tu avessi la mia stessa età per portarti dietro. Ma egoisticamente dico che se fosse così io non ci sarei. Quindi ti tengo in riserva come mammanager.

Beh, valutami questo:

Una donna un giorno rifletteva sulla vita. Si chiedeva: cosa aveva fatto di buono? Quanti rimpianti aveva? Quanto rancore provava, verso quante persone? Quante cose avrebbe dovuto scegliere, quante avrebbe dovuto evitare?
In quel momento giunse ai suoi piedi il suo bambino. S'inginocchiò davanti a lei, poggiò i gomiti sulle sue ginocchia, si prese il faccino tra le manine paffutelle.
"Mamma," esordì, "A che pensi?"
"Che voglio un gelato. Ce lo mangiamo?"
"Non c'è. L'ultimo l'ho mangiato io di nascosto."
Così capì la madre... Magari aveva lasciato in giro un sacco di cose, ma  il suo bimbo le avrebbe raccolte per lei. A modo suo.

Che c'entra con noi? Nulla. Ispirazione sul momento, pensando all'utilità dei miei quaderni tra qualche anno. Per citare una mia prof, carta sprecata e Foresta Amazzonica nel cuore.
Ti voglio un bene dell'anima, mia dolce stronza.
Ah... Buon compleanno.
La tua Scimmietta

So riconoscere gli amici, la spalla giusta so qual è.
Merito delle mie radici e del rispetto che ho di me.
Sognatore fino in fondo. Più convinto di così.
Se c'è fiamma io mi accendo e poi ti sfido con un sì.
La rivincita mi prendo su chi un giorno mi tradì.
Reagiamo pure noi, chiediamo di più.
Che sia davvero un mondo onesto.
Ognuno faccia il suo: passione ed energia.
Sbagliare in fondo serve tanto.

P.s: Per quanti se lo stessero chiedendo, si, è colpa sua se l'indirizzo del blog è "scimmiettaivy". Uhuhahah.

lunedì 21 ottobre 2013

Sabato

Stanotte non sognai.
E' strano, solitamente qualcosa sogno. Eppure stanotte tutto tacque. Solo buio. Veloce veloce veloce, e poi giunse il mattino.
E sognai, mi svegliai e sognai.
Sognai che fosse sabato.
Mi pregustai già la giornata. Anziché spegnere la sveglia, ne abbassai il volume, canticchiando la canzone che m'avrebbe accompagnato tutto il dì.
Mi stiracchiai nel letto, e dormii altri due minuti, perché tanto m'alzo quando voglio io. Ma entro l'orario dell'autobus.
Andai in bagno stiracchiandomi. M'accecai con la luce per una ventina di secondi. Mi sciacquai il viso con l'acqua ghiacciata. Feci qualche smorfia allo specchio, tipo stretching quotidiano per mantenere il sorriso.
Dunque caracollai verso la mia stanza. Scelsi con cura i vestiti, per poi decidere che per la scuola non ne vale la pena, e optare per il solito abbinamento maglioncino/pantalone/T-shirt/sneaker. Rifeci il letto, buttando il pigiama ad caxxum sotto il cuscino (se stai leggendo, scusa mamma <3) e i quattro cuscini e quattro pupazzi in ordine maniacale.
Provai ad acconciare i capelli in trecce elaborate. Non ci riuscii. 
Provai a truccarmi in modo carino. Non ci riuscii.
Non capii il perché. Diamine, il sabato tutto è bello, tutto è limpido, perché non funziona nulla stamane, mi chiesi.
Finii per truccarmi come sempre.
Finii per acconciarmi come sempre.
Infine, scelsi i gioielli. Semplici, pure quelli; non vale la pena di mettere fiori tra le foglie secche.
Gettai uno sguardo all'orologio. In perfetto orario; dieci minuti per fare colazione, cinque per uscire e aspettare l'autobus. 
Ah, che meraviglia, l'autobus la mattina! Silenzioso, scorre nel buio del giorno non ancora ufficialmente iniziato, ed è ancor più bello se si mette un sottofondo musicale per allietare i dolci pensieri...
Insomma, mi trascinai in cucina per prepararmi un caffè doppio, quando... Sentii un rumore. Una sveglia. Dalla camera padronale. Ma che giorno è? L'han dimenticata?
No. Che giorno è. Non è sabato.
Terrore scese lungo schiena. Tristezza piombò su cervello. 
Capii come mai non avevo la mia gioia sabatina.
Era lunedì.

"Questo di sette è il più gradito giorno,

pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno."
 (Giacomo Leopardi, Il Sabato Del Villaggio)


lunedì 14 ottobre 2013

Il Cielo partendo da Zero

Quante volte ho guardato al cielo,
ma il mio destino è cieco e non lo sa,
e non c'è pietà, per chi non prega e si convincerà,
che non è solo una macchia scura,
il cielo...
Quante volte, avrei preso il volo,
ma le ali le ha bruciate già
la mia vanità, e la presenza di chi è andato già
rubandomi la libertà,
il cielo...
Quanti amori conquistano il cielo,
perle d'oro nell'immensità,
qualcuna cadrà,
qualcuna invece il tempo vincerà,
finché avrà abbastanza stelle, il cielo...
Quanta violenza sotto questo cielo,
un altro figlio nasce e non lo vuoi
[Pubblico] Amalo!
Gli spermatozoi, l'unica forza
tutto ciò che hai,
ma dimmi... Ma che uomo sei...

[Pubblico] Se non prendi un barattolo di vernice insieme a me
e ricominciamo a dipingere questo mondo grigio
questo mondo così stanco,
dell'amore che vuoi,
dell'amicizia che rincorri da sempre.
Dipingiamolo di noi,
di noi zerofolli,
di noi zeromatti,
a noi che basta un sorriso, una stretta di mano...

[Renato] E a me che basta dirvi... Vi amo!

Buonasera miei piccoli Crazy lettori! Stasera vorrei partire da Zero, con la meravigliosa canzone "Il Cielo".
Il Cielo... Quante rappresentazioni che ha ricevuto negli anni! Partendo da Aristarco, passando dai nove cieli di Dante, arrivando alle teorie di Copernico, sul piano scientifico non ha mai avuto problemi di noia. E nemmeno su quello filosofico: è stato manipolato come plastilina, moltiplicato, diviso, divinizzato, cotonizzato ("Mamma, guarda le nuvole, sembrano cotone!"), talassizzato ("Il cielo azzurro che si confonde col mare..."), colorato ("Azzuro come te, come il cielo e il mare, e giallo come luce del sole", cit. Modà), etc.
Quante volte al giorno usiamo il povero e maledetto cielo? "Oh cielo, mi sono fatta male...", "Non alzare gli occhi al cielo con me!", "Non ti ho chiesto mica il cielo!", "Gli è caduto un pezzo di cielo in testa!"  e così via... 
Se pensiamo che ora è dato per inesistente... Eh sì, il cielo non esiste, è un'illusione ottica dell'universo. Che sia dunque una metafora divina?

"Quante volte ho guardato al cielo"... Lassù, ci insegnano fin da piccoli, c'è qualcosa di magico. Chi dice ci sia il Paradiso, chi Dio in persona - ma è una persona Dio? Non divaghiamo -, chi gli angioletti, chi quella persona cara che è scomparsa da poco. Con qualunque accezione lo si veda, lassù c'è qualcosa di mutevole: s'arrabbia coi lampi, sorride col sole, singhiozza con la pioggia, si rabbuia con le nuvole. Non a caso per i Greci Zeus stava sulle nuvole!
Dunque in realtà cos'è il Cielo? Un cumulo di sogni umani? Metafora di libertà (cit. Zero)? Siamo noi, è il nostro destino, è Dio che ci comunica come fare a vivere? Maybe.
Vi è mai capitato di dire "Caspita, volevo fare questo ma piove..."? Significa che non era il momento di farlo! E i bellissimi tramonti, nei momenti più dolci? Pensate che bel Dio abbiamo, ci concilia anche il flirt! ;D
Scherzi a parte... "Quanti amori conquistano il cielo, perle d'oro nell'immensità, qualcuna cadrà, qualcuna invece il tempo vincerà, finché avrà abbastanza stelle, il cielo..." Rappresenta bene l'idea dell'amore che esso ci trasmette (o almeno ce prova). Affidare la propria storia alle stelle è un luogo comune che dura da tempi immemori, così come baciarsi al tramonto (/sotto le stelle/con la luna piena/etc.).
E la pioggia che cade quando si è tristi, confondendo lacrime e gocce, tristezza allo stato puro? Quanti anni di storia del cinema ricamata a fil di cotone nuvoloso sullo stesso pezzo di stoffa azzurra e cristallina!
E la neve cade da quel luogo tanto sacro, poi tu te butti sul cumulone e muovendo come un idiota le braccia e le gambe tipo esercizio di pilates fai... l'angelo! Quest'immagine si trasmette anche nella vita di tutti i giorni!
Torniamo sempre al sacro... "E non c'è pietà, per chi non prega e si convincerà, che non è solo una macchia scura, il cielo..."
Dunque cos'è il Cielo?
E' Dio, immenso, sine orizzonti? O è una creazione di Dio?
Illuminante è questa comparazione con la vita, del dott. Mattia Loy, Il Cielo metafora della Vita (ehe, in questo periodo le metafore della vita sono il mio chiodo fisso :D). Quindi è una gigantesca metafora?
E' un luogo che dovremmo ricominciare "a dipingere [...] dell'amore che vuoi, dell'amicizia che rincorri da sempre", come il mondo di Renato (o meglio, dei suoi Sorcini). E' un mondo che vede troppe cose brutte in parallelo a quelle belle ("Quanta violenza sotto questo cielo, un altro figlio nasce e non lo vuoi..."). E' uno specchio, che riflette la Terra a chi sta lassù.
E per voi? Cos'è il cielo? Scrivetemelo.
A questo punto, non posso che concludere con queste parole...

"A me che basta dirvi... Vi amo!"
Yours, Ivy

venerdì 11 ottobre 2013

Augusta come Ottaviano


Buooon pomeriggio miei dolci lettori!
Prima che mi diciate di cambiare spacciatore dopo aver letto il titolo, ne specifico il significato.

Il riferimento ad Ottaviano è dedicato al testo di oggi: una nuova "Intervista Impossibile" in puro stile Eco, come quella precedente leopardiana, ma dedicata al Magnus Ottavianus Augustus.
E siccome Augusto significa Degno di venerazione e onore, me lo attribuisco per una sera, per farvi capire come mi sono sentita quando grazie a voi ho visto questo:

Grazie di cuore. Enjoy yourselves!

Roma, 29 a.C.
Destra, sinistra, giro. Destra, sinistra, giro. Destra, sinistra, giro.
Rosicchio le unghie, mi ravvivo i capelli, passo la mano sugli occhi, sistemo la veste, ricomincio. Destra, sinistra, giro.
Tra cinque minuti entrerò nel SUO ufficio, al SUO cospetto, e LO fisserò negli occhi e GLI PORRO’ delle domande. E’ difficile stare tranquilli.
Destra, sinistra, giro.
Ripasso mentalmente la scaletta. Sudo freddo, temo un lapsus improvviso, sbuffo.
Destra, sinistra, giro.
Una voce. O meglio, un uomo che si schiarisce la voce. Deglutisco, poi avanzo, la veste frusciante alle spalle e una tavoletta in mano. Alea iacta est.
“Mulier, può entrare.”

La stanza è circondata d’ori e d’argenti, con raggi di sole che fanno capolino da larghe fessure accecando chiunque entri. Lui, steso su un triclino, si sta facendo imboccare da due giovani, probabilmente concubine. Dall’aspetto si direbbero egiziane.
M’inchino. Lui fa cenno d’alzarmi. Mi guarda e scoppia a ridere. “L’emancipazione femminile andrebbe fermata! Ma chi può fermarla? Ah giusto, IO!” Ride. Poi indica un tappeto. “Siediti. Dimmi, veloce."
Obbedisco, mi schiarisco la voce ed inizio: “La Sua non è una figura nuova per le pagine di attualità di Urbs. Ricordiamo ad esempio le sue lotte con Antonio…”
“Ah, si, Antonio…” si guardò le unghie, mangiò un acino d’uva e riprese: “E’ stata anche per me una sorpresa sapere che Zio Cece nominasse me come successore e non Antò. Io stavo cambiando la moda ai Parti quando lo venni  sapere…”
“In che senso scusi?”
“Nel senso che adesso vestirebbero con tuniche tinte di rosso e lacerate da spade!” e qui sghignazzò  “Purtroppo non ne ebbi tempo. Dovetti correre in Urbs (Roma, ndr) per evitare che Antonio mi prendesse il potere. Mettermi in buona luce con Cicerone, coi conservatori moderati, col Senato… Me ne stesse simpatico uno solo! Macché. Gentaglia, uno peggio dell’altro. Poi nel 43 il rammollito se l’è svignata… Invano tentò d’accaparrarsi la Gallia Cisalpina. E sì che ‘Le Filippiche’ di Cicerone avevano convinto anche me! Si sarebbe dovuto fermare prima, il mio caro cuginetto acquisito. Poi quei vecchi scemi del Senato non vollero eleggermi console. Dovetti allearmi con Lepido ed Antonio, andando contro i miei stessi principi, ma almeno grazie alle mie truppe ottenni il consolato e mi dovetti inventare una nuova costituzione: uccisi qualcuno qua e là con le Liste di Proscrizione – forse un po’ ci rimasi male per Cicero, ma solo un pochino -, sconfissi i Macedoni ribelli – avrei voluto uccidere i traditori della loro stirpe, ma Bruto e Cassio fecero tutto da soli -, diedi terre ai veterani ed infine, con mio sommo dispiacere, dovetti combattere a Perugia contro quegli inetti degli Antoniani.” Ingoia altri acini d’uva, solleticando la mano che glieli porge.
“Ma comunque non sfidò Antonio personalmente…”
“Non subito. Si misero in mezzo Mecenate ed Asinio Pollone. Non avrei mai fatto loro torto. Quindi accettai sia la mia misera parte, ovvero le province occidentali, sia la vecchia Scribonia al mio fianco. Ovviamente iniziai una bella pubblicità anti-Marco Antonio, visto che quel filorientale s’era invaghito di Cleopatra e s’era dimenticato dei Parti. Se fossi andato io, altro che ritirata! Sarebbero diventati spiedini. Bisogna difendere la famiglia e lo Stato a costo della vita, non tradire entrambi!”
“Eppure ripudiò Scribonia…” constato io. Un lampo feroce gli attraversa lo sguardo. Ma forse me lo sono inventata io, perché prorompe in una roca risata.
“Non avrei dovuto nemmeno sposarla! Quella stupida megera era come un trattato diplomatico. Sconfitto lo zio non mi servì più. Non l’amavo; il mio cuore l’avevo già donato alla giovane e bella Livia.” Qui tace. Sembra pensieroso. Congeda le donne, si siede sul triclino, il volto grave.
“Mi sembra che non sia molto in forze. Non vorrei dirlo, ma temo che abbia solo pochi mesi di vita davanti a sé. Dopo il suicidio di Antonio e Cleopatra, tentai in tutti i modi di trovare un buon medico per lei. Ma non ci fu nulla da fare. Mentre io ero ad Azio, lei soffriva; ad Alessandria, lei moriva dentro. Adesso morirà anche fuori. Non so quanto la Repubblica riuscirà a sostituire questa sofferenza…”
Quel grande uomo mi fa quasi pena. Anche lui è fatto di carne, di ossa, anche lui soffre e sorride. Sembra tanto sprezzante del pericolo, ma in realtà sotto il petto anche lui ha un cuore.
“Parliamo dei progetti futuri… Cosa pensa di fare adesso che la Repubblica Romana è stata distrutta?”
Sul viso tornò il suo cipiglio severo e baldanzoso. Si ristese sul triclino, il capo sotto il palmo destro e lo sguardo un po’ languido.
“Innanzitutto, mi concentrerò sull’esercito. Voglio un bel manipolo di uomini tutto per me, non si sa mai: se qualcuno volesse farmi fuori, dovrebbe lottare per un bel po’. Sono o non sono il grande Ottaviano?”
Penso sia meglio evitare di rispondere a questa domanda.
“Tempo qualche anno” continua, nutrendosi autonomamente, “e mi farò assegnare qualche caricuccia dai vecchi. Magari un titolone, come Magnus, o Divi, o Augustus! Ottaviano Magno… No, Ottaviano Augusto! Suona bene? Rispondi!”
“Oh, si, suona bene” borbotto per farlo contento. La scaletta, ricordati la scaletta. “Per quanto riguarda l’amministrazione? Ha qualche idea particolare?”
“Suppongo che io debba privilegiare un pochino il Senato. Magari mi comprerò gli Equites… Creerò delle cariche apposta per loro, due o tre prefetti che possano amministrare dignitosamente al posto mio. Sotto al mio potere, ovviamente. E poi dividerò le province: un paio le terrò io, il resto a quei noiosi senatori. Dividerò anche i tributi, cosicché mi rimanga un po’ di bottino personale in caso di necessità, e introdurrò un doppio sistema di monetazione, per essere sempre il più ricco. E dunque, una bella riforma sulla famiglia.”

“Di che tipo?”
“Basta adulteri. Sono stufo di sentire lamentele. Caccerò ogni donna o uomo che tradirà il proprio compagno (o la propria compagna). Darò invece premi a chi fonderà una famiglia solida e numerosa, e costringerò gli sfaticati a trovar moglie (o marito). Voglio che la gente romana abbia solide basi su cui poggiarsi, valori indissolubili, potere su ogni fronte.”
“Infine, un pensiero personale. Crede che un suo successore riuscirà a mantenere intatto il suo lavoro?”
Lo vedo perplesso. Tullio, dammi una promozione, te ne prego! Ho messo in difficoltà il grande Ottaviano!
“Sinceramente non lo so. Spero di sì, ma un po’ ne dubito. E’ difficile pensare a qualcuno che abbia man salda come me… Ci vuole carisma, furbizia, un pizzico di despotismo e autoironia. Bisogna essere degni di venerazione, ecco. Bisogna essere Augustus.”
Chiude gli occhi. Ho raccolto abbastanza informazioni. M’inchino, ed esco di scena.

Così anche io m'inchino ai vostri piedi. Au revoir, alla prossima.
Ivy 

mercoledì 9 ottobre 2013

Vita - Il Ritorno

Salve gente!
Oggi vi propongo la versione integrale ed originale del "mitico" (inteso come leggendario) testo su Vita... Purtroppo per il concorso necessitava di tagli, ma mi sembra giusto proporvelo :D
Buona lettura!

Simo s’avvicina all’albero silenziosamente. Avvicina piano la manina scarna alla corteccia ruvida, la posa su un punto libero dalla resina appiccicaticcia e poggia la gemella su un frondoso ramo poco più su. Un passetto alla volta, accosta il petto all’arbusto, i piedi alle radici. A quel punto chiude gli occhi. E assapora la dolcezza di quell’abbraccio.

Da quando la maestra Verda ha raccontato la storia di Vita, apprezza ogni cosa del Bosco, e una volta al mese ripercorre il viaggio di quella che ormai è diventata la sua migliore amica.
Staccatosi dalla stretta vigorosa della pianta, prende un bastone caduto lì vicino – chiedendo scusa e assicurando che sarebbe stato solo un prestito – e s’incammina verso l’inizio del viaggio: le Montagne della Protezione.
Con agilità raggiunge il Ghiacciaio chiamato Padre. Si siede sul bordo, poggia i piedi accaldati nella frescura del Padre, chiude gli occhi e abbandona la testa all’indietro. Rimane per un po’ in questa posizione, fino a quando i suoi piedi cedono al freddo e diventano quasi blocchi di ghiaccio.
Scende, il bastone a sostenerlo, e racconta al Bosco il Percorso di Vita, a voce alta.
“In un giorno di caldo, quando il Sole – chiamato Felicità – lambiva Padre fino a farne sciogliere la superficie, nacquero tante piccole Gocce, abbastanza da formare un fiume che Madre Natura battezzò come Vita. Vita procedeva placido lungo il Versante dell’Infanzia, sorretto dalla Protezione di Monte, felice di tutte le cose che lo circondavano. Giunto al Crepaccio dell’Adolescenza, iniziò a corrodere Monte, a tentare di staccarsi da lui il più velocemente possibile; tuttavia, proprio quando raggiunse la Vallata della Maturità, Vita iniziò a pentirsi degli errori commessi (o almeno così pensa Simo)… Ma ormai era tardi per rimediare.”
Salta giù dalle ultime rocce, si ferma un attimo a bere dalla sua borraccia e mangia un po’ di carne essiccata. Dunque si rimette in marcia, la voce roca.
“Sfociando appieno nel Bosco Esistenza, senza più una guida, Vita iniziò a trovare le prime difficoltà. Sul suo Letto, Mente, iniziavano a comparire i primi ostacoli, rallentando il suo corso e riducendo drasticamente la sua corrente. Si aggrappò disperato alle Sponde Amiche, sfociò su di loro quel poco che bastava a non travolgerle. Loro lo sostennero, fino a che non corrose tutte le Preoccupazioni, lasciandole al Passato, che non avrebbe mai più ripercorso.
Nel frattempo le radici degli Alberi, Saggezza, lo attingevano per sopravvivere, cedendo in cambio parte di loro. I Fiori, Bellezza, avevano radici troppo corte per arrivarci, e appassivano subito.
E’ a questo punto che scoppiò Incendio. Odio, Rabbia, Stupidità bruciarono anni e anni di Saggezza e piombarono in Vita.” Simo si siede su un tronco mezzo bruciato. Immerge la mano nella cenere. Gli occhi gli diventano lucidi. “Vita però non cedette: combatteva, travolgeva, avviluppava acqua e terra, prese il sopravvento. Si sarebbe voluto fermare a piangere i danni, ma non c’era tempo. Bisognava andare avanti.
Scorrendo, Vita incontrò un altro Corso, Amore. I due, facendosi forza l’un l’altra, divennero un solo Fiume, che lasciò che il passato divenisse solamente un suo affluente, che l’alimentasse ma non fosse l’unica cosa importante al mondo.
Numerose foglie secche, Tempo, cadevano da Saggezza e si posavano sulla superficie trasparente. Piano piano la soffocarono; i raggi di Felicità, che un tempo aveva rischiarato Vita a tempo pieno, faticavano a giungere a destinazione. S’aggiunsero al tempo anche cumuli di Nuvole, Tristezza, facendo cadere Lacrime nel fiume, che s’ingrossò, divenendo più forte. E proprio quando Vita divenne forte e felice, gli amici l’abbandonarono. Di colpo precipitò in un burrone, come una cascata, Gelosia: le Sponde lo abbandonarono, picchiò al suolo formando tante onde spumeggianti, si ritrovò solo. Si estese su un terreno largo e profondo e, quando pensò che tutto fosse perduto, eccoli lì, nuovi amici, che lo presero per mano fino a raggiungere di nuovo la grandezza iniziale, lasciandosi alle spalle un grande Lago, Solitudine.

L’Emissario, più vigoroso del precedente Immissario, finalmente vide la destinazione. La Foce a Delta, Ignoto.” Simo si copre con una mano gli occhi, accecato dal Tramonto, Tranquillità. Questo è il pezzo di storia che preferisce, quello che rivive ogni sera, a prescindere da dov’è in quel momento. Abbassando il tono della voce, conclude: “Infine, Vita scomparve fra gli Isolotti, mentre nell’Alveo Figlio proseguì il suo tragitto, sfociando nel Mare, Futuro.” Simo alza gli occhi al cielo. Luna, con le figlie Stelle, Speranza. Simo le sorride sempre appena la vede, convinto che anche Vita faccia lo stesso, dal profondo dei suoi Isolotti. Perché dopotutto, il Buio, Disperazione, non vince mai.

Spero vi sia piaciuto... Quale avete preferito? Il primo o il secondo? Commentate!
Ivy

mercoledì 2 ottobre 2013

Encomio Speciale

Cari lettori, care lettrici, buonasera!
Today voglio condividere con voi un grande onore che mi è stato concesso dal Caffè Letterario La Luna e il Drago: in occasione del V Concorso Letterario La Luna e Il Drago a tema: "IL VIAGGIO METAFORA DELLA VITA - Viaggio tra i ricordi, nel tempo passato o in futuro immaginato, nella nostalgia di tempi lontani come nella realtà di ogni giorno in un percorso già fatto o ancora da fare tra incontri, esperienze, addii, arrivi e partenze. Viaggio visionario nel tempo e nello spazio alla ricerca di altre realtà ed altri mondi. Viaggio introspettivo in se stessi. Il viaggio in ogni sua forma senza limiti di tempo, di spazio e di fantasia.", mi è stato consegnato l'Encomio Speciale Giovani Penne d'Autore; inoltre il mio testo è stato inserito nell'Antologia "Il Viaggio Metafora Della Vita" a cura di Anna Montella (Libro). Infine, il Caffè ha realizzato un Video-Trailer per introdurre il mio racconto breve.
Ed ecco allora per voi il racconto, sperando che vi piaccia... Buona lettura!


In un giorno afoso  il Sole, Felicità, lambì il Ghiacciaio Padre, sui Monti Protezione, facendone sciogliere la superficie. Nacquero tante piccole gocce che formarono un Fiume, battezzato da Madre Natura col nome di Vita.
Vita iniziò a serpeggiare lungo il Versante Infanzia, sorretto da Protezione, felice di tutte le cose che lo circondavano. Al Crepaccio Adolescenza, però, cominciò a corrodere Monte, per staccarsi da lui il più velocemente possibile. Solo quando raggiunse la Vallata della Maturità iniziò a pentirsi degli errori commessi, ma era tardi per rimediare.
Sfociato nel Bosco Esistenza, senza più una guida, Vita iniziò a trovare altre difficoltà. In fondo a lui infatti, sul Letto detto Mente, ostacoli gravosi rallentavano il suo corso, riducendone drasticamente la corrente. Vita si aggrappò disperato alle Sponde Amiche, che lo sostennero fino a che non corrose tutte le Preoccupazioni, lasciandole al passato. Nel frattempo le radici degli Alberi, Saggezza, lo attingevano per sopravvivere, cedendo in cambio parte di loro. I Fiori, Bellezza, avevano radici troppo corte per arrivarci, e appassivano subito.
All’improvviso scoppiò Incendio: Odio, Rabbia, Stupidità bruciarono anni di Saggezza e piombarono dentro Vita, che però non cedette e spense le fiamme. Purtroppo non c’era tempo per soffrire, bisognava andare avanti.
Scorrendo, Vita incontrò un altro Corso, Amore. I due, facendosi forza l’un l’altra, divennero un solo Fiume, che lasciò che il passato divenisse solamente un suo affluente.
Numerose Foglie secche, Tempo, lasciarono Saggezza posandosi su Vita fino a soffocarlo; i raggi di Felicità, una volta sempre presenti, faticavano a raggiungerlo. S’aggiunsero cumuli di Nuvole, Tristezza, che fecero cadere Lacrime, ingrossandolo. Vita divenne più forte; ma, divenendo possente e felice, gli amici l’abbandonarono: cascò in un burrone formando una cascata, Gelosia, e picchiò al suolo con onde spumeggianti.

Si ritrovò solo, su un terreno largo e profondo. Eppure, quando tutto sembrò perduto, trovò nuovi amici che lo aiutarono a tornare quello di prima. Si lasciò alle spalle un grande Lago, Solitudine; l’Emissario, più vigoroso del precedente Immissario, finalmente arrivò a destinazione. La Foce a Delta, Ignoto.
Vita scomparve fra gli Isolotti, mentre nell’Alveo Figlio proseguì il suo tragitto, sfociando nel Mare, Futuro.
Vita continua ancora a guardare il cielo, e sorride alla Luna, Speranza, e alle figlie Stelle.
Perché il Buio, Morte, non vince mai.

Grazie di cuore.
Ivy